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30° Corso di introduzione alla Speleologia

Strettoia: istruzioni per l'uso.

4 min di lettura

Immaginatevi una bottiglia di champagne sigillata con il suo bel tappo di sughero. Immaginate di estrarre il tappo….”pop”! Questo è il suono che sentireste, giusto?

Bene, è quel che ho sentito io quando Giulio e Pietro mi hanno tirato fuori da una cavalo di strettoia a pozzo questa domenica…giuro che non ci entro più.

 

Lasciate le macchine in prossimità di un rudere minerario ci dirigiamo verso la grotta. Giulio premette che c’è un’ora di avvicinamento. Dobbiamo infatti arrivare in cima ad una montagna, svalicare, scendere e risalire un altro monte. Alessia in primis non ci crede…”E’ il solito scherzo di Giulio”… dopo un’ora di avvicinamento penso che Alessia abbia realizzato che non era uno scherzo.

Troviamo l’ingresso della grotta ma a Giulio viene la brillante idea di portarci in una piccola grotta che si trova nelle vicinanze, e così facciamo.

La prima sala è veramente bella: concrezioni ovunque e con stupende colonne bianche che sembrano formare un portico.

La grotta è popolata da un allevamento di geotritoni e ci muoviamo con attenzione per non piallarne qualcuno.

Girottiamo per un po’ fino ad arrivare ad un angolo della grotta dove, da lì a poco, si sarebbe tenuta un’assemblea straordinaria di santi invocati tra improperi di ogni sorta.

Giulio indica un pozzetto verticale che va verso il basso. Lui l’aveva attraversato qualche anno prima e, diciamo, non aveva bei ricordi se non le risate di chi stava a vedere le sue imprese per venirne fuori.

- Giulio: “Dicono - e questo non era rassicurante - che se entri trovi altre strettoie tutte in discesa, che puoi fare solo in un senso e che però ti portano all’altra grotta”.

Collegamento tra grotte, il sogno di ogni speleologo!!!

L’intrepida Valeria non esita: “io entro, chi mi segue?”

 

Mi spiegate quale è il meccanismo che induce un essere umano a compiere un’azione che sa già di non dover fare perché poi avrà delle conseguenze non propriamente positive?

 

Il quesito, senza dubbio molto interessante dal punto di vista psicologico e che mette in discussione l’istinto di conservazione della specie, è correlabile ad un impulso emotivo (scientificamente rilevato da numerose risultanze sperimentali) che alberga nelle nostre menti e brevemente sintetizzabile nelle parole “ma ta mindi importada!”.

 

Alle parole della ragazza seguono i fatti: entriamo tutti eccetto Giulio e Billy che pazientemente ci aspettano su, vista la loro geometria fisica.

Già entrando capisco che non sarebbe stato facile uscire: ci passo solo se sollevo le braccia e mi infilo a pesce (non so se rendo l’idea).

Intravediamo la prosecuzione ma è meglio lasciar stare. "Bene, è ora di risalire”, dico.

Vado per primo e sotto indicazioni di Giulio realizzo un muretto con delle pietre alla base del pozzetto per avere un appoggio più alto che mi agevoli l’uscita.

E’ forse il più bel muretto di pietre che io abbia mai realizzato. Non vi immaginate con che cura io lo abbia edificato…ma non è servito a niente: non avevo lo spazio neanche per muovere un piede. Ottimo!!!

 

Inizio a tirarmi su ma non potevo far forza con le braccia perché mi allargavo ancora di più e non potevo neanche respirare. Subentra la fase dello smadonnamento.

- Giulio: “Dai ti tiriamo fuori noi”.

Giulio si dispone in una nicchia pronto ad acciuffarmi per il colletto della tuta. Billy si mette a tipo carro ponte sopra di me. Allungo entrambe le braccia fuori e sento subito la presa micidiale di Billy e gli strattoni di Giulio, che nel mentre rideva, ricordandosi la sensazione già vissuta.

Qualcuno mi spinge anche da sotto e inizio a sentire scricchiolii nelle spalle. Dopo qualche vano tentativo Billy rafforza la sua posizione puntando le gambe contro la roccia e mi estrae  letteralmente (tipo excalibur) provocandomi quasi una lussazione di entrambe le spalle. Il pozzo è stappato e sono fuori!

Dolorante e con una paresi agli arti superiori mi spalmo su una roccia e traggo un sospiro di sollievo.

Uno dopo l’altro, ma senza grosse difficoltà, vengono estratti tutti i mie compagni di strettoia. Rideremo per tutta la giornata di questi momenti!!!

 

E così usciamo ed entriamo nella famigerrima grotta del Pannello. Passiamo qualche ora visitando le belle camere ricche di concrezioni, spesso rovinate da tagliatori.

Giunta l’ora del rientro, Billy risale il pozzo per primo e, impaziente, ritorna dal solo al campo dove inizierà ad allestire il fuoco per servirci delle ottime alette di pollo al rosmarino e pan grattato!

Valeria disarma benissimo: si porta dietro di se una sacca con 90 metri di corda, più alta di lei, e la fatica si percepisce dalle esclamazioni “Oh Gesù!” e dalle parolacce a ruota libera.

Quando è fuori ormai è buio...buio pesto. Vediamo in lontananza il fuoco e solo le sagome dei monti.

Il ritorno si complica un po’ perché non esiste un sentiero e finiamo per sirbonare tra cisto e corbezzolo.

Da lontano Billy vede le nostre luci che prendevano una direzione anomala. Non ci eravamo persi ma avremmo dovuto fare un giro enorme per evitare quel groviglio di vegetazione. I nostri compagni avrebbero dovuto aspettare un bel po’!

Billy ci viene quindi incontro, percorrendo con la macchina la strada che solca la valle e la luce dei suoi fari ci riconduce alla retta via. Saliamo in cascione e partiamo con lo sportello aperto. L’avventura prosegue con Giulio che, tenendo una fascina di legna in grambo, temeva di rotolare giù dalla macchina ad ogni sobbalzo. Qualcuno gli consiglia:“Allongiati al poggiatesta!!”, ma lui mi afferra la tuta…

- “Giulio, se rimango vivo ci faccio un articolo,”gli dico.

- ”Fai cussu chi olisi, l’importante è che non mi molli!”, lui risponde.

 

E così arriviamo al campo dove ci aspettavano Giovanna, Gianfranco (con una parrucca bionda in testa) ed Elisabetta P.

Gustiamo la cena prelibata contornata da risate e momenti esilaranti indimenticabili che per descriverli ci vorrebbe un racconto a parte!

A tarda notte ripercorriamo la via verso il mondo dei normali, con il sorriso ancora stampato sulle nostre facce.

 

Alla prossima, gente!

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